Ordinazione Presbiterale del Diacono Nicola osb Astore - 26 Aprile 2018

creata il 30 Aprile 2018

 

Omelia del Padre Arcivescovo

 

+ Bruno Forte

 

Santuario Madonna dei Miracoli

Casalbordino (Ch)

26 Aprile 2018


Carissimo Dom Nicola,

carissimo Dom Paolo e Voi tutti Monaci,

carissimi Sacerdoti e Diaconi,

carissimi tutti!

 

         Il testo appena proclamato dagli Atti degli Apostoli (13. 13-25) ci presenta lo slancio missionario della Chiesa nascente e ci offre un esempio dell’annuncio cristiano nel discorso che l’Apostolo Paolo tiene nella Sinagoga di Antiòchia di Pisìdia in giorno di sabato. Dopo aver fatto memoria della storia della salvezza e dell’elezione in essa fatta del popolo d’Israele, Paolo ricorda la liberazione dei Padri dalla schiavitù in Egitto, i quarant’anni dell’esodo nel deserto, l’epoca dei giudici, la nascita del Regno e il ruolo decisivo di Davide, dalla cui discendenza l’Eterno ha poi inviato come salvatore Gesù. In questo disegno salvifico, Giovanni il Battista porta al culmine l’attesa d’Israele, preparando con la predicazione e il battesimo di penitenza la via al Signore, del quale si dichiara indegno perfino di slacciare i sandali. Il messaggio di queste parole è chiaro: protagonista della storia della salvezza non è mai l’uomo da solo, perché il Signore del tempo è unicamente Dio, che attraverso eventi e parole fra loro connessi va tracciando le vie su cui la Sua grazia potrà raggiungere ogni essere umano, offrendogli la vita dall’alto e chiamandolo alle scelte decisive della sua libertà davanti all’offerta del Suo amore. È in questo quadro che va letta la vocazione e la storia di ogni battezzato, oltre che della Chiesa nel suo insieme: nessuno di noi è un navigatore solitario. Siamo tutti nella barca di Pietro, navigando sul grande fiume della “historia salutis”, chiamati a operare per la vita del mondo e a farlo in modo tanto più efficace, quanto più saremo docili e obbedienti al disegno che Dio ha su di noi.

Carissimo dom Nicola, la luce che questo messaggio getta sulla vocazione monastica, qual è la Tua, è preziosa: non si diventa monaci per fuggire il mondo, ma per servire la causa della sua salvezza secondo la volontà dell’Eterno, vivendo e operando in obbedienza totale di fede e di amore a Lui, Signore della vita e della storia. E poiché il ministero ordinato nella Chiesa è quello che agisce come segno e strumento della riconciliazione e dell’unità voluta dal Dio vivente per tutte le Sue creature, si comprende come l’integrazione fra vocazione monastica e ministero sacerdotale sia non solo possibile, ma particolarmente rilevante e feconda. Il monaco presbitero è un segno e uno strumento di comunione non solo in forza dell’“opus Dei”, cui ha consacrato la sua esistenza nella fedele celebrazione della preghiera liturgica, ma anche e in modo peculiare per la grazia conferitagli di poter assolvere i peccati, celebrare l’eucaristia e gli altri sacramenti “in persona Christi Capitis”, e operare per attrarre al Redentore l’ascolto obbediente di ogni creatura, rendendo possibile l’incontro salvifico fra gli abitatori del tempo e il Re dell’eterna gloria. Sii monaco, caro dom Nicola, nella fedeltà piena e convinta alla Regola del Santo padre Benedetto, e sii sacerdote di Cristo nel servire e promuovere la riconciliazione di ogni cuore che si avvicinerà a Te per essere inondato dalla grazia del perdono e della vita nuova e unirsi così alla lode divina e all’intercessione per la salvezza del mondo.

         Il brano tratto dal Vangelo secondo Giovanni (13, 16-20), poi, che segue immediatamente al racconto della lavanda dei piedi, con cui Gesù ha voluto offrire il modello dell’impegno d’amore cui il suo discepolo è chiamato, presenta quella che potrebbe definirsi la “beatitudine del servizio”. “In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica”. Sapersi e volersi servi del Signore, da Lui chiamati e inviati, non è pretesa umana, ma dono dall’alto, cui rispondere nella libertà del cuore e nella gioia di tutta la vita, in ogni suo istante. Certamente, sgombrando il campo da ogni ingenuità, il Maestro ci ricorda che l’Avversario è sempre in agguato con la sua opera di velenosa seduzione dei cuori: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Insieme, però, a questa drammatica certezza, Gesù ci riempie il cuore di luce e di speranza, perché ci assicura che proprio nella prova la Sua signoria divina si manifesterà a beneficio dei suoi discepoli: “Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono”. Ciò che siamo chiamati a fare, allora, è accogliere sempre di nuovo il Cristo Gesù nella profondità del nostro cuore attraverso l’accoglienza del Suo inviato: “In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”.

Si riconosce qui un motivo dominante nella Regola di San Benedetto, e cioè l’invito alla reciproca accoglienza dei fratelli e all’obbedienza docile e pronta a colui che rappresenta fra di loro il Maestro: l’abate. È quanto afferma il capitolo V della Regola: “Il segno più evidente dell'umiltà è la prontezza nell'obbedienza. Questa è caratteristica dei monaci che non hanno niente più caro di Cristo e, a motivo del servizio santo a cui si sono consacrati o anche per il timore dell'inferno e in vista della gloria eterna, appena ricevono un ordine dal superiore non si concedono dilazioni nella sua esecuzione, come se esso venisse direttamente da Dio… L'obbedienza che si presta agli uomini è resa a Dio… I monaci devono obbedire con slancio e generosità, perché Dio ama chi dà con gioia" (capitolo V). Nell’obbedienza fedele il monaco unisce preghiera e azione, contemplazione e servizio, come di recente ha ricordato papa Francesco: “La spiritualità benedettina è rinomata per il suo motto: Ora et labora et lege. Preghiera, lavoro, studio. Nella vita contemplativa, Dio spesso annuncia la sua presenza in maniera inaspettata. Con la meditazione della Parola di Dio nella lectio divina, siamo chiamati a rimanere in religioso ascolto della sua voce per vivere in costante e gioiosa obbedienza. La preghiera genera nei nostri cuori, disposti a ricevere i doni sorprendenti che Dio è sempre pronto a darci, uno spirito di rinnovato fervore che ci porta, attraverso il nostro lavoro quotidiano, a ricercare la condivisione dei doni della sapienza di Dio con gli altri” (Udienza ai monaci e alle monache della Confederazione benedettina, 9  Aprile 2018).

         Vivere nell’obbedienza a Dio e a chi lo rappresenta nella comunità, in un clima costante di reciproca accoglienza fraterna e di servizio al prossimo, sarà la forma concreta con cui eserciterai il Tuo ministero di presbitero, ben sapendo come l’essere monaco e l’essere sacerdote coincidono nell’essere discepolo obbediente del Maestro. È quanto, peraltro, Tu stesso mi hai scritto nelle riflessioni che mi hai inviato a partire dai testi della liturgia odierna in preparazione ad essa: “Il Maestro invita i discepoli a dire con la vita che l’umile servizio manifesta il vero volto di Dio. Se dunque vogliamo comprendere la verità e se vogliamo essere imitatori del Figlio di Dio, dobbiamo compiere le opere di Dio, rimanendo costantemente in ascolto… L’ascolto è lasciarci illuminare il cuore e farlo dilatare sulla via dell’amore per Colui che ci ha amato e ha dato se stesso per noi. Ma come conciliare la vita monastica con la vita sacerdotale? … Obbedendo e chiedendo al Signore di poter accordare il governo delle anime con le esigenze che il vivere monastico comporta. Nulla vieta che oltre al pensum servitutis, si aggiunga l’onere del ministero… (unendo) l’essere monaco e l’essere sacerdote nel voler essere tutto di Dio e tutto della Chiesa e dei fratelli”.

Concludo con la bella preghiera che Tu stesso, carissimo dom Nicola, hai scritto parafrasando le parole del Salmo 88, che oggi la liturgia ci propone: “Canterò in eterno l’amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà! Perché il tuo amore per me l’hai avuto da sempre e nel cielo del mio cuore hai reso stabile la tua fedeltà! Tu hai trovato nella mia povera persona un nuovo Davide, e io voglio essere il tuo servo come Gesù, tuo Figlio. Tu mi hai unto col tuo santo crisma, cristificandomi come il mio Signore santo. Ho paura, Signore, ma la tua mano è il mio sostegno e il tuo braccio è la mia forza. Io ti invoco, Padre e roccia della mia salvezza, chiedendoTi che la tua fedeltà e il tuo amore possano essere sempre con me e che nel tuo nome io possa innalzare a fronte alta il sacrificio a te gradito, offrendo l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, Lui il Servo obbediente, Lui il benedetto nei secoli!”. E Maria, Madre di Gesù e nostra, Madonna dei Miracoli, Ti custodisca e Ti assista in questa fedeltà, accompagnandoTi in ogni passo della Tua vita monastica e sacerdotale. Amen!

 

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